Il giornalismo, e la figura del giornalista, sono diventati dunque emblemi di quello che nel secolo scorso si chiamava “quarto potere”: una miniera di racconti, denunce, spunti, riflessioni sul rapporto fra cittadino e istituzioni, verità e bugia, giustizia e torti. I media, oggi con la diffusione capillare dei Social, sono diventati un luogo narrativo in cui si può leggere fra le righe il nostro rapporto con la libertà, la privacy, il diritto/dovere a una informazione obiettiva e corretta.
Va da sé che il cinema, potente catalizzatore di storie ed emozioni, specchio dei mutamenti della società, s’è presto impadronito della materia, creando – soprattutto negli Stati Uniti – un genere, chiamato “newspaper movie” ma negli ultimi tempi ribattezzato “media movie” (perché la carta stampata, rispetto ai nuovi mezzi di informazione legati alla tecnologia, ha visto ridotto il suo predominio).
Il progetto vuole dunque offrire uno spaccato della visione cinematografica della professione giornalistica attraverso film che raccontano di giornalismo e giornalisti, declinati o inseriti in altrettanti filoni classici (guerra, inchiesta, western, commedia, eccetera) e che hanno prodotto una filmografia sterminata.
Cinema e giornalismo sono diventati un connubio formidabile, molto amato dal pubblico anche per l’inconscia possibilità di identificazione che il ruolo del reporter ha nella società: essere cioè un cane da guardia della libertà, svelare i misfatti dei potenti, far aprire gli occhi all’opinione pubblica sulle ingiustizie, denunciare il marcio che ci sta intorno.
Il giornalista – che nel cinema americano è sempre perfettamente inserito e riconoscibile nel meccanismo narrativo – è insomma allo stesso tempo un filtro che si pone tra la notizia e il lettore/fruitore ma anche un anello “influenzabile” di questo rapporto: può essere professionale, onesto, coraggioso, eroico e pure cinico, traditore, approfittatore, corrotto; chiama in causa un sistema governato da poteri forti (il ruolo degli editori, quasi sempre collegato alla politica) e naturalmente la forza del mezzo col quale si esprime per informare (carta stampata, radio, tv, internet). Per cui, sintetizzando, il giornalista oscilla tra due poli estremi: “da un ideale solo positivo di giornalismo che coniuga aderenza ai fatti, correttezza nei metodi, e mordente nell’esposizione attraverso cui garantirsi una vasta risonanza popolare, ad un ideale completamente negativo di giornalismo che ottiene una popolarità ancora superiore attraverso il ricorso all’affabulazione e a metodi scandalistici”.
Una variante moderata è rappresentata dallo story journalism “che recupera nel metodo parte di quella dimensione positiva di cui compromette comunque l’insieme sposando la logica della story dell’affabulazione, dal distacco dal reale”. Un altro modello, “è rappresentato dalla tradizione del giornalismo muckraker. Aggressivo e battagliero, questo modello condivide con il giornalismo crusader il realismo critico e la tensione morale, ma non ne possiede la correttezza, la lungimiranza riflessiva che salvaguardia dal rischio di commettere errori le cui conseguenze possono rivelarsi fatali”. (Elena Dagrada in “Cinema e giornalismo”, Lindau).
Sul grande schermo si è spesso cristallizzato uno stereotipo del giornalista, giocando per esempio sull’abbigliamento e il portamento: vestiti dimessi o eleganti, a seconda dell’estrazione sociale o della condizione individuale (non mancano mai i riferimenti all’alcol), penna e taccuino in mano, cappello con la scritta “press” infilata sul lato, oppure microfono e telecamera esibiti con sfrontatezza. Ma al di là dell’aspetto figurativo che serve a catturare e fidelizzare lo spettatore, contano le storie, anzi la storia che si va a raccontare: ed è qui tra l’inchiesta che vuole aprire squarci di verità e la rincorsa allo scoop che si forma il genere classico del newspapermovie: un giornalismo più narrativo che riflessivo, che informa senza mai rinunciare al mordente del racconto, e che si preoccupa di coinvolgere il lettore/spettatore emotivamente, più e prima che interessarlo intellettualmente.
Ripercorrere attraverso la rassegna il tema “Cinema e giornalismo” significa intanto ricordare che cinema e stampa hanno una popolare radice comune, nascono praticamente insieme alla fine dell’Ottocento e subito si contaminano l’un con l’altro; e soprattutto significa volgere lo sguardo al modo in cui è cambiato – se è cambiato – il rapporto del cittadino con le fonti d’informazione, quanta coscienza critica ha alimentato il cinema attraverso le storie mutuate dal giornalismo o quanto il ruolo stesso del reporter abbia influito nella costruzione di una società più giusta e responsabile.
I modelli narrativi forti ed esemplari restano quelli hollywoodiani, a partire da Quarto potere di Welles che svela l’anima dei grandi tycoon dell’editoria, fino al recente Il caso Spotlight di McCarthy che ritorna al giornalismo investigativo che fece la fortuna di Tutti gli uomini del presidente di Pakula In mezzo tante variazioni, dal cinismo de L’asso nella manica di Wilder alla mondanità di Accadde una notte di Capra e Piombo rovente di Mackendrick, all’ambiente sportivo con Il colosso d’argilla di Robson fino alla commedia La signora venerdì di Hawks e Prima Pagina di Wilder, la tv in Quinto potere di Lumet, Dentro la notizia di Brooks e Goodbye and good luck di Clooney e la radio di Talk radio di Stone, e fino ai documentari di denuncia di Michael Moore. Si può continuare per pagine e pagine con la cinematografia americana sul tema, più curioso è verificare quanto il genere abbia messo radici in Italia. Certo, la figura del giornalista è presente, nella società – soprattutto in quella del boom economico – è una figura che ha un ruolo preminente, anche se rari sono i film in cui è protagonista (vedi il Sordi di Una vita difficile o il Mastroianni de La dolce vita); solo con gli anni del terrorismo il giornalista ritrova al cinema ruolo e missione che gli competono (Sbatti il mostro in prima pagina, Tre colonne in cronaca e, sotto metafora, Sostiene Pereira), fino ad arrivare ai casi di camorra e mafia o ai misteri d’Italia (Fortapàsc, Il muro di gomma, La verità sta in cielo, Il prezzo della verità).